Iperattività e disattenzione
Ci capita spesso di
osservare bambini estremamente vivaci, che faticano a
mantenere a lungo l’attenzione su uno stesso stimolo o
sentono il bisogno di muoversi continuamente e si
distraggono nel fare cose diverse dai compiti in cui si
cerca di coinvolgerli.
Nella
maggior parte dei casi questi comportamenti rientrano nella
normale esuberanza infantile, alle volte però possono
assumere un ruolo più decisivo nello sviluppo del bambino,
compromettendone l’apprendimento, i rapporti interpersonali
e familiari , interferendo anche con la vita scolastica, la
relazione con i coetanei e con le insegnanti. Quando è
presente un disagio in tutte queste aree di funzionamento
del bambino, si parla di “Disturbo da deficit d’attenzione”,
più comunemente indicato con il termine “Iperattività”.
Il DSM IV (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi
mentali) definisce il Disturbo da deficit
d’attenzione/iperattività (ADHD), come una condizione in cui
è presente una persistente disattenzione e/o
iperattività/impulsività.
Nonostante la diagnosi venga
spesso fatta in età scolare, alle volte è possibile
identificare il disturbo anche prima. Durante l’infanzia, i
bambini iperattivi sono sempre in movimento, saltellano
avanti e indietro, si arrampicano sui mobili, corrono per la
casa ed hanno difficoltà a concentrarsi in attività di
gruppo sedentarie. Quando invece il disturbo si protrae
nell’adolescenza, e nell’età adulta, essi avvertono
sensazioni di insofferenza e difficoltà a cimentarsi in
occupazioni tranquille e statiche.
Il bambino iperattivo e i contesti di vita
In famiglia
il bambino iperattivo viene percepito come "un
terremoto"!
Viene descritto come irrequieto e poco
interessato alle attività in corso. Questi bambini fanno
molta fatica a concentrarsi e tendono ad agire senza
pensare. Spesso perdono o rompono i loro giocattoli, hanno
bisogno di continua attenzione da parte dei genitori, si
trovano implicati in frequenti liti con i fratelli,
dimenticano facilmente le regole del gioco o di buon
comportamento. Proprio per questo, molte volte si sentono
frustrati quando sperimentano l’incapacità di partecipare
con successo ad un gioco oppure di eseguire in modo corretto
un compito. D’altra parte si oppongono con vigore ai
cambiamenti delle abitudini e delle certezze della vita
quotidiana. Infine hanno una modalità disorganizzata di
rapportarsi a bisogni quali l’ alimentazione e il sonno.
A scuola,
le insegnanti li considerano alunni difficili da gestire ed
educare, bambini che faticano a prestare attenzione ai
particolari e che fanno molti
errori dovuti alla disattenzione; alle volte sembra che la
loro mente sia altrove e che non siano in grado di ascoltare
quello che si dice. Raramente riescono a portare a termine
un compito, tanto più se lungo ed impegnativo, poiché lo
avvertono come spiacevole e faticoso.
Quando è presente
iperattività, questi bambini sembrano spesso sotto pressione
o “motorizzati”, difficilmente riescono a passare molto
tempo seduti e sentono un forte e continuo bisogno di
muoversi, senza un motivo specifico. Spesso perdono o
rompono il materiale scolastico, i loro quaderni sono
disordinati e sgualciti. In classe sono quasi sempre fuori
posto.
Dal
gruppo dei coetanei, spesso viene visto come
il buffone di classe o come un bambino litigioso. I compagni
di scuola possono rispondere con atteggiamenti differenti
che vanno dalla paura, all’opposizione, fino al venirne
trascinati. A volte il bambino iperattivo è deriso, altre
evitato e, nonostante egli continui a relazionarsi agli
altri attraverso il suo comportamento clownesco che,
apparentemente, sembra rivelare disinteresse di fronte al
rifiuto mostrato dagli altri, tuttavia egli può provare una
profonda tristezza e, a volte, esprimere disappunto.
Se
provassimo ad immedesimarci nella personalità di questi
bambini, dovremmo immaginare un mondo fatto di milioni di
stimoli ugualmente interessanti che ci bombardano tutti
nello stesso momento e a cui vogliamo essere
contemporaneamente recettivi. Il tutto avverrebbe in modo
molto veloce e noi proveremmo ansia per non riuscire a
focalizzare la nostra attenzione su ogni singolo stimolo.
Diagnosi del Disturbo da deficit d’attenzione/iperattività (ADHD)
Secondo il DSM VI (Manuale diagnostico e statistico dei
disturbi mentali) , è possibile rintracciare delle
caratteristiche proprie del disturbo.
Per quanto riguarda
il versante disattenzione
Il bambino non riesce a prestare attenzione ai particolari,
ha difficoltà a mantenere l’attenzione sui compiti o sulle
attività di gioco, non sembra ascoltare quando gli si parla,
non segue le istruzioni e non porta a termine il lavoro
assegnato, stenta ad organizzarsi, spesso perde gli
strumenti necessari per le attività che deve svolgere, è
facilmente distratto e sbadato.
Per quanto riguarda il
versante iperatttività
Egli si alza spesso, scorrazza e
salta dovunque, ha difficoltà a giocare in modo tranquillo,
parla troppo e sembra sotto pressione, ha un costante
bisogno di muoversi.
Per quanto riguarda il
versante impulsività
Egli fornisce le risposte prima delle domande, non attende
il proprio turno, interrompe gli altri o è invadente nei
loro confronti.
È importante sottolineare che, la
diagnosi di un Disturbo da deficit
d’attenzione/iperattività, avviene quando sono presenti
condizioni specifiche, in assenza delle quali, non ci sono
elementi sufficienti per poter fare una diagnosi di questo
tipo: i sintomi sono presenti per almeno sei mesi e, alcuni
tra questi, compaiono prima dei sette anni e comunque si
palesano in almeno due contesti (ad esempio a casa ed a
scuola).
Circa 4 bambini su 100 presentano tali
difficoltà. Questa condizione è più diffusa tra i maschi che
tra le femmine (3:1 nella popolazione generale e 9:1 nella
popolazione clinica). Il disturbo nelle bambine è mediamente
diagnosticato in un’età superiore. Alcuni di essi sono
particolarmente a rischio nello sviluppare problemi di
comportamento e disadattamento sociale durante l’
adolescenza, incorrendo nel pericolo di fare abuso di alcool
o stupefacenti, di manifestare instabilità emotiva ed
affettiva, di assumere condotte di vita poco fruttuose e
gratificanti.
Disturbi associati al Disturbo da deficit d’attenzione/iperattività ed evoluzione del disagio
Esistono poi altri disturbi che possono presentarsi in
concomitanza con il Disturbo d’Attenzione/Iperattività.
Quelle più frequentemente associate sono il disturbo
oppositivo-provocatorio e i disturbi della condotta, i
disturbi specifici dell'apprendimento (dislessia, disgrafia,
ecc.), i disturbi d'ansia e, con minore frequenza, la
depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo
da tic e il disturbo bipolare.
Malgrado nella
terminologia clinica venga usato il termine “disturbo”, va
precisato che buona parte di questi bambini, se aiutata
tempestivamente con interventi educativi e terapeutici,
riesce ad avere una vita scolastica, sociale e familiare
adeguata.
La sua storia naturale è caratterizzata da
persistenza del problema fino all’ adolescenza in circa due
terzi dei casi, fino all’età adulta in circa un terzo o la
metà dei casi.
D’altra parte è anche possibile che,
nella peggiore delle ipotesi, se non trattato con la dovuta
attenzione, col sopraggiungere dell’adolescenza e dell’età
adulta, l’ADHD si associ a disturbi dell’adattamento sociale
(personalità antisociale, alcoolismo, criminalità), basso
livello accademico ed occupazionale, problemi psichiatrici e
cattivo adattamento psicosociale.
La terapia del Disturbo da deficit d’attenzione/iperattività
In questi casi
una psicoterapia familiare può rivelarsi estremamente utile.
L’obbiettivo di tale approccio è quello di utilizzare i
genitori e la famiglia come risorse terapeutiche in quanto
rappresentano le persone che, più di ogni altra, conoscono
il bambino, risentono delle difficoltà personali e familiari
dovute al problema e sono maggiormente predisposte e
competenti nell’ aiutare un componente della propria
famiglia.
L’approccio alla terapia parte da due
presupposti fondamentali:
1) Innanzi tutto è necessario
comprendere che questi bambini non hanno nessuna colpa, il
loro comportamento non rispecchia alcun tipo di oppositività
“congenita”, ma probabilmente solo secondaria a tutto
l’insieme di rifiuti, delusioni, etichette che ricevono da
un ambiente percepito come ostile, ambiente che in verità è
solamente rassegnato e stanco di combattere con un bambino
che sembra intrattabile.
2) Né tanto meno hanno colpa i
loro genitori che invece vengono spesso additati come
incapaci di svolgere bene il proprio ruolo di educatori. In
realtà la causa dell’iperattività non è da cercare nel modo
in cui i genitori hanno educato il figlio. Non è semplice
infatti favorire quell'esperienza esistenziale positiva del
bambino potrà evitare disturbi comportamentali secondari su
base psico-emotiva causati da “insuccessi” e frustrazioni
nel campo relazionale, sociale e scolastico.
In questo
senso è utile che genitori ed insegnanti si avvalgano di una
consulenza psicologica sistematica per concordare le
strategie e i metodi educativi da applicare, tenendo
comunque presente che, per poter conseguire risultati
concreti, sono indispensabili costanza e sistematicità
nell’uso di tali procedure.
La psicoterapia familiare
si pone molteplici obiettivi. Tra i principali:
- Prevenire
i sintomi secondari: poiché è possibile che
coloro che presentano un ADHD manifestino nel tempo dei
sintomi derivanti da una cattiva interazione tra le
caratteristiche proprie del disturbo e l’ambiente
scolastico, sociale e familiare.
Se l’ambiente non
sviluppa la necessaria sensibilità al problema, potrebbe
rischiare di rispondere in modo tale da rinforzare o di
minimizzare comportamenti disadattivi. La costanza,
l’impegno e il tempo unitamente a interventi terapeutici
validi che agiscono su tutti gli aspetti del problema,
permettono a questi bambini di spezzare il circolo vizioso
di insuccesso e frustrazione e di aumentare
considerevolmente abilità personali e autostima. I bambini
devono essere incoraggiati a sviluppare il loro potenziale,
mettendoli in grado di aumentare la loro efficacia.
- Migliorare
la vita familiare: A causa di tutti i fattori
correlati al disturbo anche la vita familiare può risultare
compromessa. In terapia si cerca di ricostruire la serenità
familiare e di individuare comportamenti e strategie utili
al bambino e al genitore per favorire uno sviluppo buono e
adattivo.
- Incrementare le abilità
relazionali. Questi bambini faticano a trovare
il giusto modo di relazionarsi nel gruppo di pari. Il fatto
di non padroneggiare le regole e di sentirsi facilmente
frustrati, li porta frequentemente a mettere il broncio o
essere capricciosi. Appaiono poco flessibili ed adattabili e
ricevono meno gratificazioni e apprezzamenti dai compagni e
maggiori rifiuti.
- Potenziare l’autostima:
i continui rifiuti e i fallimenti possono portare questi
soggetti a perdere la fiducia in sé stessi. In terapia si
lavora affinché i cattivi risultati a livello sociale,
scolastico, familiare o sportivo non portino a sentimenti di
inadeguatezza tanto importanti da diventare parte di sé e
pregiudicare una buona autostima. Questo intervento può
prevenire conseguenze negative come la depressione o l’ansia
reattive.
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