Disturbo post traumatico da stress (PTSD)
Le persone 
					che subiscono un trauma, possono manifestare diverse 
					reazioni di fronte all’evento traumatico: a parità di 
					gravità dell’evento, alcune riescono a superare l’accaduto 
					in modo più adattivo di altre che invece ne soffrono le 
					conseguenze per anni.
In quest’ultimo caso, è possibile 
					che queste persone abbiano riportato un Disturbo post 
					traumatico da stress (PTSD). 
I sintomi 
					caratteristici di questo disturbo sono sempre conseguenza di 
					un evento vissuto come traumatico, ad esempio una catastrofe 
					naturale, un incidente automobilistico, una violenza subita 
					durante l’infanzia o l’età adulta, un abbandono…….
					Il 
					trauma si verifica ogni volta che un evento ha un impatto 
					non risolto su un organismo.
					Affinché si sviluppi un Disturbo post traumatico 
					da stress (PTSD), non è tanto importante “che cosa accade”, 
					ma “come viene vissuto” 
					dalla persona o dalle persone coinvolte.
Infatti il 
					DSM-IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi 
					Mentali, IVª Edizione), classifica questi pazienti in tre 
					tipologie, sulla base di quanto e di come la persona sia 
					stata esposta al trauma:
- I TIPO: comprende le vittime che hanno subito in prima persona l’evento
- II TIPO: comprende coloro che hanno assistito all’evento o coloro che hanno uno stretto legame affettivo (parenti, coniugi, figli) con le persone che hanno subito direttamente il trauma
- III TIPO: comprende tutte quelle persone che intervengono a prestare soccorso durante l’evento traumatico (per esempio i vigili del fuoco, la protezione civile, l’esercito….)
 
					Durante i giorni o le settimane successive al trauma, 
					i soggetti manifestano molteplici reazioni. Entro 48 ore 
					dall’evento compaiono i primi sintomi intrusivi e le 
					osservazioni cliniche dimostrano che, proprio in questo 
					lasso di tempo, molti sopravvissuti rivalutino 
					costantemente, quasi fosse un pensiero ossessivo, le proprie 
					azioni o le proprie “azioni mancate” con una grande 
					intensità. 
In alcuni casi questi pensieri 
					ricorrenti generano valutazioni negative su se stessi o 
					sugli altri e innescano vissuti di colpa o inadeguatezza per 
					il modo in cui ci si è comportati, spesso sono accompagnati 
					dalla percezione che non si è stati in grado di reagire in 
					modo congruo, veloce o dignitoso .
I sintomi del Disturbo post traumatico da stress (PTSD)
I numerosi studi condotti  sul PTSD sono d'accordo nel 
					riconoscere che i sintomi accusati dopo l’evento traumatico 
					possono comprendere:
 
					- Comportamenti di evitamento di tutto ciò che potrebbe riguardare o rievocare il trauma, sia indirettamente che a livello simbolico e che causa un grande disagio psicologico
- Flashback: pensieri intrusivi sotto forma di immagini, scene, sensazioni che rievocano l’accaduto. Nel caso dei bambini, a volte questi tendono a manifestare questo vissuto facendo giochi ripetitivi che hanno a che fare con elementi riguardanti il trauma
- Incubi che fanno rivivere l’esperienza dell’evento in modo molto realistico con conseguente difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno
- Iperattivazione: caratterizzata da insonnia, irritabilità, bisogno di controllo, nervosismo….
- Attacchi di panico o stati d’ansia generalizzata
- Depressione e disturbi dell’umore
- Isolamento e alienazione
- Problemi nel funzionamento sociale, lavorativo, scolastico per un lungo periodo successivo al trauma dovuti a difficoltà a rapportarsi agli altri, mancanza di concentrazione, senso di sfiducia o rabbia
- Abuso di sostanze (droghe, psicofarmaci, alcool…) in cerca di “sollievo” dalle sensazioni spiacevoli legate al trauma
- Paura intensa
- Stato di coscienza alterato, che genera ottundimento o confusione
- Amnesie del trauma o sintomi dissociativi, soprattutto se il trauma è avvenuto durante l’infanzia
- Sentimenti che compromettono l’aspetto relazionale come riduzione marcata dell’interesse o della partecipazione ad attività significative; sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri; affettività ridotta (per es. incapacità di provare sentimenti di amore);sentimenti di diminuzione delle prospettive future (per es. aspettarsi di non poter avere una carriera, un matrimonio o dei figli, o una normale durata della vita).
- Disturbi fisici come stanchezza perdita di memoria e di concentrazione, vertigini, palpitazioni, tremori, difficoltà nel respirare (dispnea), «nodi» alla gola, nausea, diarrea, mal di testa, di collo e di schiena, disordini mestruali, variazioni del desiderio sessuale
Diversi studi hanno individuato che l’insorgenza del Disturbo post traumatico da stress (PTSD) è più frequente in bambini e adulti che vivono o hanno vissuto in contesti di guerra, violenza (intra ed extrafamiliare), catastrofi, povertà e ignoranza. Tutti contesti in cui c’è scarsità di risorse personali, sociali o pratico- economiche.
Reazioni al trauma
I vari ari autori che hanno preso in esame il disturbo, sostengono che la reazione che un individuo può mostrare in seguito al trauma dipende da due fattori:
- l’entità del trauma (in riferimento alla cultura di appartenenza): più è grave l’evento critico, più la persona sperimenta impotenza,terrore e angoscia.
- le caratteristiche della personalità pretraumatica ( la presenza, ad esempio, di un particolare livello di vulnerabilità che può costituire un fattore predisponente all’insorgenza di un sintomo disadattivo)
Le modalità reattive possono presentarsi in diversi momenti nel tempo e avere diversa durata. In base a questi criteri, si suddividono in reazioni:
- DIFFERITE: Inizialmente adeguate ma che evolvono, col trascorrere del tempo, in un assetto patologico
- IPEREMOTIVE BREVI : Riguardano il 75-80% delle vittime e presentano manifestazioni psichiche e psicosomatiche come: shock, ansia, depressione, smarrimento, stupore, comportamenti automatici, tremori, palpitazioni, nausea ecc. Questa tipologia di reazioni può sfociare in disturbi nevrotici, psicotici o PTSD.
- DI TOLLERANZA: La persona cerca di adattarsi fin dall’inizio alla situazione e col trascorrere del tempo recupera la propria adeguatezza
Le reazioni manifestate dinanzi ad una disgrazia possono rivelarsi cruciali per la sua sopravvivenza e, la reazione immediata che si ha nel momento del trauma, influenzerà la capacità di far fronte alla minaccia presente, o a quelle future, in modo funzionale.
La capacità di tollerare e gestire la sofferenza è un 
					fattore di grande importanza per l’adattamento a lungo 
					termine, come è altrettanto fondamentale la capacità, da 
					parte dell’individuo, di chiedere e trovare aiuto, 
					rapportandosi alla proprie reti sociali.
Coloro che hanno 
					reagito prontamente al trauma, sopravvivendo o favorendo la 
					sopravvivenza di altre persone coinvolte, accusano meno i 
					colpi del trauma e tendono ad avere una percezione di sé 
					meno negativa, in quanto hanno prodotto delle risposte 
					adattive e funzionali.
Alcune persone, nel tempo, 
					riescono a trasformare le loro ossessioni dei ricordi 
					traumatici, in esperienze positive, buttandosi a capofitto 
					in attività gratificanti che canalizzano la loro attenzione 
					in obiettivi specifici e sfruttano la propria esperienza 
					come fonte di motivazione. 
Il trauma come blocco energetico
 
                    Secondo 
					Peter Levine, medico e psicologo esperto sull’argomento, i 
					sintomi traumatici non sono generati dall’evento traumatico 
					in sé, ma dal residuo congelato di energia che non è stato 
					risolto o scaricato e, in quanto tale, resta intrappolato 
					nel sistema nervoso, disturbando costantemente i nostri 
					pensieri e i nostri processi fisiologici. 
					
Il trauma rappresenta una sorta di mina vagante, 
					un frammento sconnesso dal resto del sistema che non è stato 
					intergrato nella nostra esperienza, nella percezione che noi 
					abbiamo di noi stessi e del mondo. Rappresenta un elemento 
					di dis-integrazione che altera l’ equilibrio omeostatico del 
					nostro organismo.
Questa energia residua, che non è stata 
					scaricata durante l’evento traumatico, non sparisce da sola: 
					resta in circolo nel corpo e produce tutta quella varietà di 
					sintomi descritti sopra. La guarigione dal trauma dipende 
					innanzitutto dal riconoscimento dei suoi sintomi perché, 
					individuando questi, si riconosce anche la sensazione di 
					trattenimento, di irrigidimento, di blocco che accompagna il 
					trauma e che ha ostacolato la metabolizzazione di quell’ 
					esperienza negativa che continua ad essere fonte di stress.
                    
La terapia del Disturbo post-traumatico da stress
L’obiettivo della terapia dovrebbe essere quello di reintegrare, 
					nel sistema psicofisiologico della persona, questa parte 
					frammentata che disturba le altre funzioni e compromette la 
					vita affettiva, sentimentale, lavorativa e sociale 
					dell’individuo. 
Per curare il trauma, non 
					è utile rivangare vecchi ricordi e riviverne intensamente il 
					dolore emotivo: ciò sortisce solo l’effetto 
					ritraumatizzante, ma è invece più importante sperimentare 
					e disincastrare la “scarica” di quell’energia che è rimasta 
					bloccata durante l’evento traumatico, che ci 
					ha impedito di fuggire, o affrontare il pericolo, o 
					difenderci, o proteggere qualcuno……, congelandoci in una 
					sorta di immobilità passiva che non ci ha concesso di essere 
					operativi ed efficienti.
Quindi, più che andare a 
					rispolverare il trauma, risulta essere maggiormente utile 
					recuperare le nostre risorse personali e fisiologiche che, 
					forse inconsciamente, abbiamo cercato di mettere in circolo 
					già all’epoca del trauma evitando il peggio e che magari 
					continuiamo ad utilizzare per garantirci la sopravvivenza, 
					senza esserne consapevoli. La terapia dovrebbe aiutare le 
					persone a recuperare quelle competenze necessarie per 
					tornare a vivere contando sulle proprie forze e strategie. 
					Se l' organismo reagisce il trauma non si verifica o si 
					supera più rapidamente. 
La resilienza come forma di autoguarigione
La parola resilienza deriva dal latino "rimbalzare" e, 
					in fisica, indica la proprietà di un corpo di 
					incassare colpi senza rompersi per poi recuperare la
					 forma 
					originaria. Allo stesso modo, in psicologia 
					indica l'attitudine di una persona a reagire a stress o 
					traumi che, al contrario, potrebbero risultare gravemente 
					invalidanti.
forma 
					originaria. Allo stesso modo, in psicologia 
					indica l'attitudine di una persona a reagire a stress o 
					traumi che, al contrario, potrebbero risultare gravemente 
					invalidanti. 
La resilienza non si riferisce ad un 
					ottimismo semplicistico, ma ad un insieme di 
					caratteristiche di personalità che permettono all' individuo 
					di reagire agli eventi di vita, traendo stimolo dalla realtà 
					circostante che viene affrontata con calma, ponderazione, 
					coraggio, intelligenza, moderazione e accettazione.
					
Attraverso queste componenti, la persona sperimenta il 
					controllo sulla realtà che vive, sulle proprie azioni e 
					percepisce di avere potere sul proprio destino.
La 
					persona resiliente reagisce con tolleranza alla sofferenza 
					e, invece di soccombere o lamentarsi con enfasi amplificando 
					il problema, lo sfida e trae forza dalla sua impresa, 
					direzionando le sue energie verso cambiamenti risolutivi e 
					praticabili. 
La possibilità di resilienza è influenzata 
					dalla capacità di attingere alle proprie risorse personali, 
					risorse che spesso si ignora di possedere o di aver messo in 
					atto. La terapia stimola una rilettura dei propri 
					comportamenti passati e presenti ed esplora le modalità di 
					comportamento alternative che la persona è in grado di 
					evocare e di produrre.
