Prima di entrare nel vivo della sintomatologia di tipo anoressico e dell’aspetto più propriamente medico e psicologico del disturbo, è importante soffermarsi su alcuni particolari inerenti la stessa definizione etimologica del termine e sulla componente storico-culturale legata al disturbo stesso.

Definizione generale: Anoressia o Sitiergia?

Se volessimo tracciare una breve definizione di anoressia, da esplorare in seguito più approfonditamente in questo articolo, potremmo dire che l’anoressia rientra nei disturbi della condotta alimentare (DCA) con esordio tipico in età adolescenziale-giovanile.
Interessa prevalentemente la popolazione femminile, anche se negli ultimi anni investe sempre più vorticosamente anche il mondo maschile.
Si caratterizza per una ossessiva paura di ingrassare, una visione della propria immagine corporea autopercepita sempre in sovrappeso nonostante, ad un occhio esterno, sia evidente una rilevante magrezza. Il peso corporeo, in ambito medico, generalmente viene calcolato tenendo in considerazione l'Indice di Massa Corporea, detto anche BMI (dall'inglese: Body Mass Index), che è un numero che esprime il rapporto esistente tra il peso in chilogrammi di una persona ed il quadrato della sua altezza espressa in metri e, nelle anoressiche, risulta molto al di sotto della media.
Queste persone, soprattutto all’inizio, hanno scarsa consapevolezza del loro problema e per questo rifiutano ogni cura.
 
Anoressia mentale e anoressia nervosa indicano lo stesso fenomeno ma l’appellativo “nervosa” è quello preferito dai paesi anglosassoni.
La parola anoressia deriva dal greco “ανορεξία” (anorexia) ed è composta dalla preposizione “an” che indica privazione e dal sostantivo “órexis” che significa “appetito” pertanto, secondo questa definizione, l’anoressia denoterebbe una mancanza di appetito.
In verità il rifiuto relativo al cibo è un sintomo centrale in questo disturbo ma non sarebbe dovuto tanto ad una perdita di appetito, come lascia intendere l’etimologia, quanto invece al mancato riconoscimento della sensazione della fame.
Questo uso disfunzionale della nutrizione solleva un aspetto importante connesso a questo particolare disturbo della condotta alimentare: se si pensa che la sensazione della fame non è solo innata, ma è acquisita nel corso della crescita e quindi regolata dall’esperienza, è probabile che qualcosa abbia funzionato in modo disadattivo nello sviluppo del bambino rispetto all’apprendimento delle modalità relative alla nutrizione.
È possibile quindi che il modo in cui il bambino apprende a nutrirsi, le risposte dell’ambiente esterno a questo bisogno primario in termini di riconoscimento e soddisfacimento delle esigenze nutritive del bambino, possano aver un peso consistente nell’insorgenza di questo fenomeno.

Questo potrebbe portare all’instaurarsi di un deficit funzionale non organico per cui, anche in presenza di un’attivazione fisiologica connessa all’appetito (per esempio le contrazioni gastriche da fame), l’anoressica neghi a se stessa e al mondo esterno, di provare la necessità di nutrirsi.
Nel 1891 Sollier, consapevole di questa sfumatura concettuale importante non presente nel termine "anoressia", coniò la parola “Sitieirgia” che etimologicamente coglie il pensiero sottostante al comportamento anoressico,ovvero il rifiuto del cibo, in quanto proviene da σίτος (cibo) ed είργειν (tenere lontano). Infatti il pensiero del cibo è costante, tanto che frequentemente le persone affette da anoressia sognano di mangiare, sono spesso affamate ma si privano drasticamente di questa possibilità per paura di ingrassare.

L’Anoressia nella storia

La letteratura religiosa ci parla di sante vissute in epoca medievale che, in base alle attuali conoscenze psichiatriche, potrebbero rientrare nella categoria di persone affette da sintomi di tipo anoressico, tanto che oggi sono conosciute come le “sante anoressiche”.
La componente mistico-religiosa che alimentava lo spirito di queste donne consacrate a Dio, si manifestava attraverso una tenace mortificazione della carne e dei suoi bisogni, dal puro nutrimento al piacere sessuale, pertanto cercavano di modellare il proprio corpo annullando qualsiasi riferimento alla propria femminilità, riducendone la formosità attraverso il digiuno che avrebbe portato conseguentemente a tutta una serie di sintomi tra cui anche amenorrea (assenza di mestruazioni) e lanugo (presenza su tutto il corpo di peluria).
La condizione asessuata in cui le persone anoressiche desiderano rispecchiarsi testimonia la loro convinzione di elevazione rispetto ad un mondo debole e schiavo delle passioni da cui esse prendono superbamente distanza e da cui desiderano essere libere, perseguendo un ideale di purezza che ha tanto più valore quanto più è grande il sacrificio con cui lo raggiungono: indice e metro di giudizio del proprio valore personale e della propria autonomia.
Il digiuno simboleggiava la negazione accanita della materialità e dei piaceri ad essa connessi e raggiungere la morte attraverso l’inedia permetteva di sacrificarsi a Dio nella ricerca della purezza e nella dimostrazione di una indiscutibile e incorruttibile devozione.
Donne dotate di una ferrea volontà, testarde e superbe, queste erano per esempio Giovanna D’Arco; Santa Caterina da Siena; Santa Chiara D’Assisi….delle quali le storie e le leggende narrano che contrastavano eserciti e influenzavano papi e governanti.
In epoca medievale il digiuno era una pratica esaltata proprio per il suo valore religioso e allora esistevano “ragazze miracolose” che si diceva digiunassero da anni e che attiravano folle di curiosi disposte a pagare un biglietto per assistere allo spettacolo.
Oppure si esibivano nei circhi e nelle fiere “artisti della fame”, digiunatori di professione che esponevano al pubblico i risultati della loro tenacia misurabile in magrezza.

Criteri diagnostici per l'Anoressia Nervosa secondo il DSM IV

Attualmente, per diagnosticare l’anoressia, si fa riferimento ai criteri indicati nel DSM-IV, ovvero il "Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali - IV edizione", pertanto l’anoressia è definita da :
A. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l'età e la statura (per es. perdita di peso che porta a mantenere il peso corporeo al di sotto dell'85% di quello atteso, oppure in età evolutiva mancanza dell’aumento di peso previsto, con la conseguenza che il peso corporeo rimane al di sotto dell'85% rispetto a quanto previsto).
B. Intensa paura di acquistare peso o di ingrassare, anche quando si è sottopeso.
C. Alterazione del modo di sentire il peso o le forme del proprio corpo, influenza indebita del peso e delle forme del corpo sulla valutazione di sé, o rifiuto di ammettere la gravità della condizione attuale di sottopeso.
D. Nelle donne che hanno avuto il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno 3 cicli mestruali consecutivi. (Una donna viene considerata amenorroica se i suoi cicli si manifestano solo a seguito di somministrazione di ormoni, per es. estrogeni.)
Può essere con o senza abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi):

Tipo restrittivo: nell'episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto non ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
Tipo bulimico: nell'episodio attuale di Anoressia Nervosa il soggetto ha presentato regolarmente abbuffate o condotte di eliminazione (per es. vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi, diuretici o enteroclismi).
Altre caratteristiche del disturbo, non menzionate nel DSM-IV
- Perdere peso equivale ad una conquista indice di forte disciplina, al contrario, ingrassare rappresenta una perdita di controllo che non può essere accettata
- Spesso nega le conseguenze sul piano della salute
- Prova disagio a mangiare in pubblico
-Tende a nascondere il suo comportamento per evitare la disapprovazione degli altri
- Mangia da sola e lentamente, interrompendosi appena sente la pancia gonfia
- A volte assume bevande calde tra un pasto e l'altro per attutire la fame

Anoressia e personalità del paziente

Le forme cliniche in cui si manifesta l’anoressia sono svariate ma, al giorno d’oggi, se ne individuano quattro in particolare, raggruppate a seconda della prevalenza di alcune caratteristiche dominanti nella personalità delle pazienti:

1)SOMATOFORME:l’esordio è caratterizzato spesso da episodi di soffocamento durante l’ingestione di cibo. Questa modalità ha una valenza comunicativa verso l’ambiente esterno da cui si desiderano cure e attenzioni e tesa all’elusione di impegni e responsabilità che la paziente non si sente in grado di affrontare.
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2)FOBICO-OSSESSIVA: l’attenzione è focalizzata sulla quantità e la qualità del cibo da mangiare, sul conteggio delle calorie, sul rituale che accompagna la nutrizione, sul peso e sulla forma corporea e le conseguenti accurate misurazioni di peso e dimensioni. Molti di questi rituali bloccano e coinvolgono altri familiari, scandendo i ritmi e la quotidianità dell’intera famiglia.
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3)DEPRESSIVA:una pervasiva sensazione di insicurezza, sensi di colpa e inefficienza che impediscono di rapportarsi al cibo con piacere.
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4)PSICOTICA: il cibo rappresenta un elemento persecutorio in grado di influenzare o danneggiare, spesso gestito da una voce interna che ne proibisce l’assunzione.

Insorgenza dell’Anoressia

La malattia insorge prevalentemente tra i 12 e i 18 anni, ma l’età d’esordio tende a manifestarsi anche in età più avanzata, comunque non oltre i 35 . L’insorgenza postuma è piuttosto rara. Essa può sopravvenire dopo un lutto, un trauma, una separazione, la rottura di un equilibrio familiare, dopo il matrimonio o in seguito alla prima gravidanza ma è rara dopo la menopausa.
L’anoressia si insinua più facilmente in famiglie in cui siano già presenti disturbi alimentari da parte di altri componenti . Questo fa supporre che in parte possa essere una condotta appresa, in parte possa essere una predisposizione genetica, visto che il tasso di concordanza per le anoressiche gemelle omozigoti è più elevato che per le gemelle dizigoti.
Questo disturbo è particolarmente diffuso in alcune professioni centrate sul corpo come le indossatrici, le ballerine, le sportive ma si pensa anche che tali professioni, allo stesso tempo, esercitino una grande attrazione verso le potenziali anoressiche.
È un disturbo in rapido aumento e appannaggio solo dei paesi economicamente più sviluppati. Mentre prima coinvolgeva le classi sociali più elevate, ora invece è abbastanza omogeneo e colpisce tutti gli strati culturali. Si pensa che, nelle classi meno abbienti, l'atteggiamento anoressico sia anche legato ad un profondo senso di inadeguatezza da parte di quei giovani che fanno di tutto per equipararsi ad uno standard sociale da cui si sentono esclusi.

Anoressia e controllo

Una componente fondamentale della personalità anoressica è il bisogno di controllo verso se stessa e, di conseguenza, verso il mondo che la circonda. A sua volta il tema del controllo è legato ad altri tre aspetti centrali nella patologia:
1)Il CORPO
2)IL PIACERE
3)L’AUTONOMIA
Queste tre componenti sono intrinsecamente legate e, controllarle, equivale ad avere potere su se stessi e dare valore ad una propria identità autocostruita attraverso la rinuncia ai legami della materialità per mezzo di una gratificante disciplina.
 
1)il corpo
In adolescenza il corpo comincia a comunicarci un cambiamento a cui spesso l’adolescente non è pronto a rispondere e non si sente in grado di affrontare.
La pubertà femminile nello specifico è accompagnata da un rapido aumento ponderale, la comparsa del menarca, le forme diventano più pronunciate e il mondo circostante comincia a manifestare delle nuove attenzioni rivolte ai segni una sessualità nascente.
 L’anoressica comincia allora a negare questo cambiamento sperimentando un forte senso di estraneità per il corpo attuale e aspirando ad una condizione asessuata come costruzione di una nuova identità che, oltre ad essere un atto di contestazione verso le aspettative altrui e verso il naturale cambiamento fisiologico, costituisce una ribellione alla dipendenza insita nell’accettazione della propria condizione di donna, intesa come dipendenza affettiva, dipendenza dal corpo della donna che seduce, che reca piacere all’uomo, che procrea….Dimostra in questo modo di avere potere anche sulla natura che la vorrebbe donna e che invece, grazie all’opposizione tenace che l’anoressica agisce, non riesce a fare il suo corso.
Questo esasperato controllo si traduce allora in senso di onnipotenza e ascensione ad una condizione svincolata dagli obblighi del terreno vivere (di nutrirsi, di riposarsi, di riprodursi...).
 
2)il piacere
La possibilità di sperimentare piacere è percepita dall’anoressica come un segno di debolezza che deprezza il proprio valore personale e crea dipendenza. Allo stesso tempo ogni qualvolta ella sperimenta una forma di piacere deve immediatamente espiare a causa di sensi di colpa insopportabili che possono essere neutralizzati solo da un successivo gesto catartico (le condotte di eliminazione nell’anoressia di tipo bulimico).
Provare piacere depotenzia, intacca il proprio senso di potere e, per questo, è proibito in quanto rischia di frammentare l’identità sacrificale che l’anoressica si costruisce. Non a caso per diagnosticare l’anoressia maschile, la presenza del calo del desiderio sessuale nei maschi è considerato l’equivalente dell’amenorrea nelle femmine.
 
3)l’autonomia
Spesso l’anoressica percepisce l’ambiente circostante, soprattutto quello familiare, come prepotente ed intrusivo pertanto cerca di contrastarlo rifiutando di essere nutrita passivamente. Il proprio corpo che cresce e che cambia è il simbolo della recettività passiva con cui si accetterebbe l’intrusione e il controllo da parte di un ambiente che la persona affetta da anoressia ha sperimentato come manipolatorio e ambivalente. L’unica possibilità che l’anoressica ha di assaporare la propria autonomia e il proprio senso del sé è nel rifiuto del cibo che implica il controllo sul cambiamento e sulla propria identità.

Conseguenze organiche dell’Anoressia

L’aspetto delle anoressiche risente delle alterazioni metaboliche, endocrine e organiche conseguenti al malfunzionamento del comportamento nutritivo, pertanto spesso presentano
-ossa prominenti
-occhi infossati
-pelle squamosa
-lanugo e ipertricosi
-edemi
-amenorrea
-bradicardia
-bradipnea
-ipotermia
-caduta dei capelli
-insufficienza renale
-colorito giallo, occhi cerchiati e arrossati
-alterazioni cardiache e cardiovascolari
-osteoporosi (fragilità ossea, dentaria e delle unghie)
-demineralizzazione dei denti (i denti vengono spesso attaccati dagli acidi che sono presenti nel vomito) come nella bulimia nervosa
-perdita di sali (per es. calcio e potassio)
La tomografia assiale computerizzata (TAC) cerebrale inoltre evidenzia in circa il 50% delle pazienti “una dilatazione ventricolare e un’ accentuazione dei solchi interventricolari, configurando così una pseudoatrofia cerebrale, proporzionale all’entità del dimagrimento e spesso reversibile con la ripresa del peso” (Costa e Montecchi, 2007).

La psicoterapia dell’Anoressia

La psicoterapia, nel caso dell’anoressia, deve ricorrere a più strumenti d’intervento che vadano a toccare i molteplici aspetti connessi con questa patologia. Pertanto l’approccio terapeutico che maggiormente si presta a questo tipo di trattamento è quello sistemico-relazionale che punta ad affrontare la globalità del problema e a modificare le relazioni tra tutti i componenti del sistema familiare dal momento che il sintomo investe quotidianamente la vita familiare.
L’esperienza dei ricercatori (Costa, Montecchi,2007) suggerisce che si conseguono risultati più duraturi nel tempo avvalendosi di un trattamento ad approccio integrato che preveda contemporaneamente:
-cura farmacologica
-riabilitazione nutrizionale
-psicoterapia individuale o di gruppo
-psicoterapia relazionale della famiglia
-monitoraggio biologico-medico

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